Nella Psicoanalisi il mito ha un ruolo particolarmente importante perché rappresenta quello strumento attraverso cui è possibile dire e vivere emotivamente quello che, altrimenti, risulterebbe troppo amaro da mandar giù per la nostra coscienza.
Già, nell’antica Grecia, la Tragedia si riteneva avesse funzione catartica, ossia purificatrice; Eschilo, Sofocle (autore dell’Edipo re) ed Euripide furono i principali autori del genere in quel periodo (400 a.C. circa). Veniva sviluppata una trama di eventi emotivamente forti per lo spettatore, ma il fatto che fosse una finzione, poteva essere rassicurante o comunque dava la possibilità di vivere la propria angoscia in terza persona, e quindi in modo più critico, assistendo alla rappresentazione scenica di esse.
E’un po’ quello che Freud stesso mette alla base del trattamento analitico nella sua teoria, sostenendo quanto sia importante riuscire a rivivere, nella relazione analitica, la Nevrosi, cioè tutto ciò che, in una persona, viene espresso e si può ricondurre ad un conflitto psichico (S. Freud, Ricordare, ripetere, rielaborare, 1914).
Tornando al mito, in particolare il mito di Edipo, su cui lo stesso Freud ha costruito buona parte della sua teoria: è ormai noto a tutti, almeno lontanamente,il “complesso” (un insieme di pensieri, ricordi, esperienze, sentimenti ed emozioni) che ne deriva e che viene utilizzato per spiegare il legame e il dissidio che si crea in un bambino con i propri genitori.
Edipo, figlio di Laio, il re di Tebe, e di Giocasta, fu fatto portare via da un servo e allontanato dal regno, per ordine dello stesso Laio. Questi, aveva consultato l’Oracolo di Delfi (una specie di cartomante che era molto tenuto in conto a quell’epoca) proprio perché, angosciato all’idea di non riuscire ad avere un erede. L’Oracolo predisse che il figlio che Laio avrebbe avuto, sarebbe stato causa della di lui morte e avrebbe in seguito sposato sua madre.
Edipo fu trovato da un pastore di Corinto e portato a corte, dove venne allevato come fosse il figlio del re. In qualche modo, una volta cresciuto, al nostro eroe venne instillato il dubbio sulle sue origini e ciò lo indusse a recarsi presso l’Oracolo per avere chiarezza. Questo non fece che confermare la versione già esposta a Laio. La reazione di Edipo fu analoga; inorridito all’idea di uccidere chi lo aveva allevato con amore, egli si allontanò da Corinto e fuggì verso Tebe. Lungo il percorso s’imbatté in Laio, ignaro, ovviamente, di chi fosse colui con cui aveva a che fare. Questo, in quanto re, chiese strada ad Edipo che non volle farsi da parte; di lì a poco ne scaturì un confronto fisico in cui Edipo causò la morte del suo padre reale, realizzando così la prima parte della profezia dell’Oracolo di Delfi.
Edipo riprese così il suo percorso verso Tebe, ma, prima di arrivare in città, trovò sulla sua strada la Sfinge, una creatura con il corpo di un leone, la testa di una donna, ali di aquila e un serpente per coda; si trattava di un mostro famelico che tormentava la gente di Tebe con terribile indovinello, che chiedeva di risolvere a tutti coloro che incappavano in lei. Qualora ella non avesse ricevuto una soluzione al suo quesito, avrebbe divorato il malcapitato. L’impresa che fa si che Edipo venga considerato un eroe, sta proprio nel fatto che fu l’unico a dare una soluzione all’enigma della Sfinge. Questa chiedeva chi fosse quell’essere che al mattino si muove su quattro zampe, durante la giornata con due e sul calar della sera inizia a muoversi su tre. Edipo non ebbe dubbi e prontamente rispose che si trattava dell’Uomo. Difatti questo, da bambino gattona, su quattro zampe, raggiunto l’equilibrio si muoverà sule sue due gambe per tutta l’età adulta, fino a che, da vecchio, non dovrà ricorrere all’aiuto del bastone. La soluzione del quesito pose fine al tormento per il popolo tebano e Creonte, fratello di Laio che nel frattempo aveva preso le redini del regno, proclamò Edipo re di Tebe, che, di conseguenza, sposò Giocasta, portando a compimento la profezia dell’Oracolo.
In realtà il mito è leggermente più complesso e articolato e porterà alla morte di Edipo, ma Freud prende spunto da questo fatterello, qui riassunto, per poter spiegare quello che si verifica, secondo la sua teoria, in termini di dinamiche familiari, quando nasce un bambino. Cerchiamo di cogliere i significati simbolici della storia adattandoli alla realtà.
C’è una coppia (Laio e Giocasta) desiderosa di avere un figlio. Lui, uomo narciso ed egocentrico (re) nel piccolo regno della coppia in cui ogni cosa brilla di sua luce, inizia a sospettare (Oracolo di Delfi come pensiero inconscio) che nel momento in cui dovesse nascere un figlio maschio, il suo primato verrebbe sicuramente meno (un erede per Laio significherebbe potenziale perdita del potere, vecchiaia e morte). Il bimbo viene alla luce e coglie tutte le attenzioni della mamma, stimolando gelosia nel papà (Laio ripudia Edipo). Con la crescita del bimbo, gradualmente il confronto diventa inevitabile anche perché anche il piccolo sente il papà come un rivale rispetto alla mamma (Edipo incontra l’impudente Laio sul suo cammino e si apre una disputa); per cui nasce un implicita contesa tra i due. Il bimbo ne esce vincitore (Laio muore per mano di Edipo); la mamma deve necessariamente proteggere suo figlio in quanto piccolo (Edipo sposa Giocasta).
E la Sfinge? Le interpretazioni possono essere più di una, come d’altra parte per il resto della storia, ma di fatto la Sfinge è solita essere identificata con quell’iniziale presa di coscienza che consente al bambino di aprire gli occhi e accorgersi che sta crescendo e che la mamma gradualmente si distaccherà, per cui l’aver avuto la meglio sul padre è solo una vittoria provvisoria. La soluzione dell’enigma, e quindi rigenerarsi, rispetto all’idea di sentirsi una nullità senza la mamma, non è che l’apertura al mondo, in cui, scoperto il valore della conoscenza delle cose della vita, emergono aspetti positivi, ma anche aspetti negativi.
Attilio de Angelis
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